“Le Città – Sostenibilità e democrazia” è il titolo che rappresenta il filo conduttore della festa della CGIL di Bologna di quest’anno, dal 3 al 5 luglio.

Il 3 luglio alle 15,00 assieme a Davide Baruffi Assessore regionale con delega al riordino istituzionale, ad Erika Capasso delegata alla riforma dei quartieri del comune di Bologna e a Sara Accorsi della Città Metropolitana di Bologna, ci confronteremo su “DECENTRAMENTO, CITTA’, QUARTIERI, RIORDINO ISTITUZIONALE” e proveremo a ragionare su come la geografia istituzionale nel nostro territorio possa, anzi debba favorire la sostenibilità, la condizione di vita delle persone e i processi democratici.

Garantire l’universalità di servizi pubblici accessibili, oltre ad essere il compito primario dello Stato in tutte le sue articolazioni: Regione, Città Metropolitana, Unioni di Comuni, Comuni, Distretti sanitari, Aziende sanitarie, ecc., è un fondamento della democrazia.

Le politiche di austerità europee e del nostro paese e da ultimo il rafforzamento delle spese militari a discapito dell’infrastruttura sociale di tutti i paesi, dei servizi pubblici e del lavoro pubblico, hanno aumentato e continueranno ad aumentare divari e disuguaglianze fra le persone.

Non avere risposte adeguate da parte delle istituzioni pubbliche ai bisogni fondamentali per rendere i diritti costituzionali fondamentali disponibili a tutti, mette in pregiudizio la sostenibilità delle persone e le allontana dalla partecipazione democratica.

Guardando fuori dai nostri confini, il confronto tra Italia e paesi europei è impietoso e certifica quanto la necessità di un piano di investimenti nei servizi pubblici assuma nel nostro Paese i tratti di un’emergenza da affrontare immediatamente.

Negli ultimi 10 anni (dal 2015 al 2024) la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche, in Italia, è cresciuta meno (14%) della metà di quanto spendono in media i Paesi europei (31,8%), sotto a Francia (24,9%), Germania (40,8%), Spagna (36,1%) e Regno Unito (26%), nonostante nello stesso periodo sia evidenziabile un aumento della spesa corrente delle amministrazioni pubbliche pari al 28,3% per il nostro Paese. Segno che le politiche di finanza pubblica di contenimento della spesa hanno agito solo una leva, quella della compressione dei salari e del blocco delle assunzioni, senza far molto sul resto delle componenti della spesa corrente dove vanno a confluire anche le spese per beni e servizi, tra cui le esternalizzazioni delle attività prima svolte dall’amministrazione e che non è stato più possibile garantire con livelli occupazionali sempre più bassi e si è scelto di privatizzare. Anche nel nostro territorio.

Le differenze nella spesa registrata tra i Paesi non si spiegano neanche se si considera la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL. L’aumento nei medesimi 10 anni per in Italia è, infatti, pari solo al 7,1% contro il 12,5% della Francia, il 29,9% della Germania, il 21,6% della Spagna, il 40% del Regno Unito o il 20,4% della media EU 27.

Le criticità in relazione agli altri Paesi sono riscontrabili anche in relazione al personale, dato che l’Italia continua a mantenere un primato negativo in termini di rapporto occupati sul totale della popolazione residente: nel 2021 eravamo fermi al 5,7% a fronte dell’8,3% della Francia, del 6,1% della Germania, del 7,3% della Spagna e dell’8,1% del Regno Unito.

Servirebbe un Piano per i Servizi Pubblici, per porre fine al progressivo processo di esternalizzazione e privatizzazione che sta interessando settori sempre più ampi delle politiche pubbliche, sottraendo alla gestione e al controllo di chi agisce nell’interesse della collettività la qualità, l’efficacia e l’appropriatezza di prestazioni e servizi, e negandone l’universalità dell’accesso.

La legge di bilancio per il 2025, invece, prevede tagli significativi agli enti locali, con conseguenti preoccupazioni per il futuro dei servizi e degli investimenti a livello territoriale. Questi tagli, che si sommano a quelli già effettuati negli anni precedenti, riguardano sia i trasferimenti statali che i fondi destinati a progetti specifici.

Alcune stime

Nel 2025, i tagli complessivi di risorse a regioni, comuni, province e città metropolitane ammontano a circa 420 milioni di euro, così ripartiti: 280 milioni alle regioni, 140 milioni a comuni, province e città metropolitane. Per il quinquennio 2025-2029, i tagli complessivi raggiungono circa 3,93 miliardi di euro, suddivisi in 2,43 miliardi alle regioni e 1,5 miliardi a Comuni, Province, Città Metropolitane.

A questi si aggiungono consistenti tagli ai fondi per investimenti locali, in particolare per i comuni, che da soli subiscono riduzioni di circa 3,2 miliardi tra il 2025 e il 2029, incluse riduzioni di fondi per progettazione, rigenerazione urbana, medie e piccole opere.

Le province e le città metropolitane vedono tagli specifici per investimenti sulla rete viaria locale pari a circa 295 milioni nel quinquennio 2025-2029, con ulteriori 1,1 miliardi previsti nel periodo 2030-2036

Questi tagli colpiranno in modo rilevante servizi fondamentali, welfare locale, trasporti pubblici e investimenti infrastrutturali, con impatti significativi sulla capacità di spesa e sviluppo degli enti territoriali. I comuni più piccoli, spesso già in difficoltà finanziarie, saranno costretti a ridurre ulteriormente la spesa o a ricorrere al debito. I Servizi sociali, già al di sotto della media europea, subiranno una drastica riduzione.

Il territorio metropolitano bolognese non sarà immune dai tagli previsti dalla legge di bilancio 2025, con ripercussioni negative sulla quantità e qualità dei servizi, sugli investimenti e sulla stabilità economica e sociale del territorio.

In questo quadro, occorre ripensare nel nostro territorio ad una nuova idea di geografia istituzionale che superi la precedente e che regoli l’intero sistema delle autonomie locali, mettendo al centro la natura e il livello dei servizi pubblici che il sistema pubblico ha il dovere di garantire a tutti indipendentemente dal loro luogo di residenza. Anche facendo riferimento ad alcuni indicatori.

A livello nazionale, il costo medio per abitante è inversamente proporzionale al numero di abitanti – meno abitanti costi più alti. Mentre la percentuale media del numero di dipendenti per numero abitanti è più bassa nei comuni piccoli rispetto a quelli grandi.

Occorre quindi ragionare su come superare la resistenza a riunirsi in forme associate e la situazione di stallo, in alcuni casi di arretramento, che da tempo sta caratterizzando molte istituzioni pubbliche del nostro territorio come le Unioni di Comuni.

Occorre ridefinire e potenziare il ruolo della Città metropolitana di Bologna e la sua relazione con la Regione, con il comune di Bologna e il suo decentramento, con i comuni dell’area metropolitana, con le unioni di comuni, con le Asp e i distretti socio sanitari, in un’ottica di rinnovata e strutturata collaborazione tra istituzioni in grado di garantire, quanto più possibile nel contesto dato, l’universalità di accesso ai servizi pubblici e la sostenibilità della condizione di vita delle persone. Fondamenti imprescindibili della democrazia.